Non racconterò certo con dovizia di particolari tutte e tre le prove disputate domenica scorsa, ché c’è un limite all’esaurimento ma non alla mancanza di memoria, mi limiterò invece a rivelarvi un paio di considerazioni esistenziali che ho maturato mentre facevo accaramellare lo spi.
La prima è che non bisogna lasciarsi ingannare dalle apparenze: è vero i j24 sono più o meno tutti uguali, e così percorso ed equipaggi, almeno come specie animale di appartenenza.
Però.
Mica partecipiamo tutti alla stessa regata,eh?
Ci sono quelli che possono vincere e sono almeno cinque o sei. Poi ci sono gli altri.
Ecco, io sono sempre stato fra questi ultimi, e potrei raccontarvi per filo e per segno cosa succede là dietro, dopo la decima posizione, e giù giù fino all’ultimo. Dalla soddisfazione di averne lasciati a poppa sei o sette, nelle giornate buone, alla delusione di non avere nessuno dietro, se non chi ha deciso di alzarsi tardi e di passare una domenica in famiglia.
E non sapere chi ha vinto la prova, fino a quando non te lo racconta uno di quelli bravi, generalmente davanti alla macchinetta del caffè, e poi gli immancabili sfottò con gli altri compagni/avversari di retrovie.
Domenica scorsa, invece…
Dopo un tredicesimo e un decimo posto, ci attardiamo per qualche regolazione fino ai due minuti alla partenza, ben lontani dalla linea. Genoa ancora giù, e vento ormai attorno ai 20 nodi, qualcuno ha messo su il fiocco.
Carletto riprende il timone e si fionda in barca giuria a venti secondi alla partenza, ferma la barca, manco avesse un freno a mano, e si piazza sulla linea. Pippo lo pilota al segnale che siamo praticamente davanti a tutti. Andiamo a sinistra con un breve gancio, ci avviciniamo alla layline che abbiamo davanti solo Jebedee e ce la tiriamo con gli altri. La barca del capo c’incrocia a poppa un paio di volte.
Potrei continuare a raccontare di quello che è successo dopo, il taglio di una scotta del genoa, la solita caramella dello spi, le entusiasmanti planate di poppa, il sesto posto finale… ma non è importante. Anzi, non ricordo nemmeno bene, a dirla tutta.
Ciò che so è che per dieci minuti siamo stati fra quelli bravi, quelli che davanti non hanno un muro di vele,ma la costa, il mare, il faro di san vito. Quelli che prendono la stessa acqua di quelli che arrivano ultimi, ma che non è così fredda. E il vento non ti taglia la faccia, ma è una carezza che fa andare la barca.
Non ho dovuto chiedere chi ha vinto, stavolta.